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Zone a rischio: da Napoli un sistema salvavite (Set. 2007)

Zone a rischio: da Napoli un sistema salvavite che dà l’allarme prima degli eventi tellurici

IL FATTO
Arriva una forte scossa di terremoto che squassa il terreno, provocando danni a cose e persone. Ma è solo la prima, ne arriveranno altre. Come fare, quindi, ad avvisare per tempo i centri abitati posti ad una certa distanza, ben cento chilometri, affinché possano evitare effetti disastrosi? .A questo ci penserà l' “Early Warning” sismico, che potremmo tradurre con la definizione di “Allerta Sismica immediata”. “Ciò che consente di abbattere i tempi di trasmissione dei dati inerenti il pericolo in atto - sottolineaAldo Zollo, coordinatore della ricerca, di cui è capofila il Centro di competenza Amra - è il fatto che le informazioni rilevanti circa il sisma siano state già elaborate nei singoli siti della rete e quello che viene trasmesso non è quindi l'intero segnale registrato, bensì solo l'informazione parametrica, cioè solo i dati di interesse, opportunamente 'scremati', analizzati e selezionati a priori”. 
Una violenta scossa di terremoto colpisce una zona e le onde sismiche cominciano poi a propagarsi, pronte a “ghermire” l'area abitata, distruggendo anche zone più distanti. Ma come fare per avvisare in tempo del sopraggiungere del pericolo le popolazioni delle aree poste ad una certa distanza, permettendo loro di attivare opportune misure di sicurezza?
A questo ci penserà “l'Early Warning” sismico, che potremmo tradurre con la definizione di “Allerta sismica immediata”. Un allerta che parte quando il terremoto è già accaduto, ma riesce ad avvisare del pericolo in atto, con un anticipo di quindici-venti secondi, le zone che si trovano ad una certa distanza, fino a cento chilometri, prima dell'arrivo delle onde sismiche recanti in sé un elevato potere distruttivo legato agli effetti catastrofici dello scuotimento del suolo. Toccherà poi ad un sistema altamente automatizzato, studiato ad hoc, di far scattare tempestivamente misure di sicurezza salvavita, ricorrendo in particolare alla disattivazione di sistemi a rischio, come centrali elettriche, reti del gas, possibilità di percorrenza da parte dei treni di tratti pericolosi e decollo ed atterraggio di aerei nelle aree aeroportuali, solo per fare qualche esempio.
“Tradizionalmente - spiega Aldo Zollo, coordinatore della ricerca - ci vogliono circa cinque minuti per localizzare il sisma e stimarne la potenza, in base all'applicazione di tecniche standard. Nel nostro caso, è possibile farlo in pochi secondi e battere sul tempo le onde sismiche, anticipandole di ben quindici-venti secondi”.
Pochi secondi preziosi, perchè potrebbero voler dire la salvezza. Ad esempio, è stato provato, mediante opportune simulazioni, che un bimbo impiega cinque secondi a rifugiarsi sotto un banco e venti secondi possono essere sufficienti per trovare riparo in altro luogo sicuro all'interno di una scuola.
Una sfida ambiziosa, quindi, che coniuga il versante tecnologico con quello più propriamente scientifico, all'insegna della sinergia tra competenze diversificate, e che vede coinvolta Amra, la società consortile impegnata nell'analisi e nel monitoraggio del rischio ambientale, di cui sono partner anche l'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, attraverso l'Osservatorio vesuviano, il dipartimento di scienze fisiche dell'Università Federico II, e il dipartimento di Ingegneria strutturale del medesimo ateneo.
Il progetto è poi reso possibile anche grazie al “virtuoso” sodalizio con un altro progetto di respiro europeo, il “Safer, acronimo di Seismic early warning For Europe, che vede impegnati ben ventitrè partner, sia europei che extraeuropei, in particolar modo l'università californiana di Berkeley, l'Università di Taiwan e l'istituto nipponico Nied, il più importante istituto al mondo di ricerca e prevenzione dei terremoti. I fondi, invece, provengono per buona parte da finanziamenti regionali e della Comunità europea destinati ai Centri di competenza, essendo Amra inizialmente un progetto pilota proveniente da quest'ambito, e per il restante da co-finanziamenti di fondi eterogenei e trasversali alla stessa attività di ricerca.
Coinvolti, dunque, due versanti nevralgici: quello delle telecomunicazioni per ciò che attiene il rilevamento e la trasmissione dei segnali relativi alle onde sismiche, e quello scientifico, per ciò che riguarda la valutazione e la stima dell'ampiezza del sisma, e quindi della potenziale distruttività in base alla magnitudo, del terremoto. Un aspetto, questo, particolarmente delicato, in quanto il rischio in agguato è sempre quello di una sovrastima o di una sottostima del fenomeno in atto, che comporterebbe uno stato di allerta fondamentalmente non corretto e fuorviante. Il risultato? Un'inutile panico dilagante o al contrario un sottovalutare il pericolo. Dunque, come si è proceduto per agire al meglio? Innanzitutto, il gruppo ha posto, nelle aree che in base a indagini storiografiche sulla sismicità storica risultavano a più alta pericolosità sismica, in particolare il tratto appenninico tra Benevento e Potenza, un potente sistema di rilevamento, composto da trenta stazioni sismiche.
Queste stazioni risultano costituite, in effetti, da una densa e capillare rete di sismografi super-sensibili. Ogni sismografo, infatti, è dotato di sensori milticomponente, per rilevare l'accelerazione e la velocità del moto del suolo, collegati a sofisticati sistemi di acquisizione e trasmissione dei dati.
Essi risultano, a loro volta, aggregati in sottoreti di minori dimensioni, definiti “centri a stella”, che fungono da collettori di informazioni. “Ciò che consente di abbattere i tempi di trasmissione dei dati inerenti il pericolo in atto - sottolinea Zollo - è il fatto che le informazioni circa il sisma in atto siano già state elaborate nei singoli siti e quello che viene trasmesso non è quindi l'intero segnale registrato, bensì solo l'informazione parametrica, cioè solo i dati di interesse, opportunamente 'scremati', analizzati e selezionati a priori”.
Una selezione a priori resa possibile dal fatto che il team di ricerca partenopea è riuscito a sviluppare e a mettere a punto sofisticati software dedicati, che garantiscono elevate prestazioni del sistema in termini di capacità e rapidità di calcolo. Tutte le informazioni rilevanti sulla collocazione e l'intensità potenziale del terremoto, cioè sulla magnitudo, possono quindi essere ricavate dalla registrazione dei primi due-tre secondi di segnale, coincidenti con l'arrivo della prima onda sismica. Una stima in tempo reale dalle enormi potenzialità, resa attuabile in tempi così “concentrati” grazie all'utilizzo di parametri desunti dall'esame di dati sismici relativi agli ultimi venti anni.Un compito nevralgico, poi, toccherà, al dipartimento di Ingegneria strutturale: quello di realizzare l'interfaccia tra il sistema di allertamento “early warning” e le infrastrutture da proteggere.
Un problema delicato perchè va a relazionarsi con quello dell'eventualità del falso o mancato allarme conseguente ad una stima inesatta della pericolosità del sisma e con quello, ancora più spinoso, del “chi dovrà fare cosa” e della necessaria assunzione di responsabilità legale.
Una volta che l'allarme sia giunto a destinazione, infatti, sarà necessario che sistemi automatici di sicurezza, congegnati su misura, si attivino e provvedano alla disattivazione di tutti gli impianti a rischio, da quelli del gas a quelli degli impianti chimico-industriali, passando per quelli elettrici e quelli dei trasporti terrestri e aeroportuali.
Altra preoccupazione primaria, poi, quella di assicurare che continuino a funzionare, in caso di cortocircuiti, i generatori d'emergenza di ospedali, caserme dei pompieri e luoghi di ricovero degli sfollati. 

(Tania Sabatino, Il Denaro, 8 settembre 2007)